Non di scudi né armature abbiamo bisogno per curare

Non di scudi né armature abbiamo bisogno per curare

Non di scudi né armature abbiamo bisogno per curare

Gentile Direttore,

L'art. 3 del D.L. 44/2021 ha introdotto una specifica esimente da responsabilità professionale sanitaria in relazione ai reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p., con specifico riferimento alla fattispecie di “somministrazione di un vaccino per la prevenzione da infezione da SARS-Cov-2”.

In merito al nuovo disposto normativo non possiamo che richiamarci a quanto già esaustivamente scritto in altri articolo comparsi sul Suo giornale, ovvero ai  dubbi da più autori sollevati sull’art. 3 del D.L. 44/2021, circoscritto alla sola fattispecie di responsabilità penale della “somministrazione del vaccino”, senza affrontare la problematica del contenzioso civile e che introduce una tutela penale sostanzialmente sovrapponibile a quella già esistente (art. 6 della Legge Gelli-Bianco) o, forse, poco più estesa.

Di certo l’art. 3 del D.L. 44/2021 è apparso sin da subito come una norma di scarsa incidenza pratica sulla responsabilità del professionista sanitario; responsabilità ben più ampia e complessa rispetto alla sola somministrazione di un vaccino.   

Non sappiamo e ci chiediamo anche se il testo dell’art. 3, emanato in forma circoscritta e limitata, sia l’esito, come spesso accade, di un bilanciamento tra diversi interessi politici che ha portato ad un risultato di così poca utilità. O se sia il tentativo di compensare l’obbligo vaccinale imposto ai soli professionisti sanitari nel medesimo decreto. O, invece, se l’art. 3 del D.L. 44/2021 sia stato proprio volutamente scritto pensando di costituire una reale forma di tutela di cui i professionisti sanitari necessitavano.

Sarebbe utile sapere quali siano state le reali intenzioni che hanno mosso il legislatore, perché a leggere la norma per come si presenta il dubbio è che la questione non sia conosciuta a fondo o che l’obbiettivo sia prevalentemente di “marketing politico”, anche per le modalità con cui è stata diffusa dagli organi di stampa etichettandola come “scudo penale” per i professionisti sanitari.

Lo stesso concetto di scudo penale è pericoloso e crea un equivoco e un’ambiguità (voluti?) sulla reale portata e sulle finalità della norma, portando l’opinione pubblica a credere che l’atto del vaccino non sia un compimento lecito della professione sanitaria, ma un atto quasi illecito da cui il

 

 

professionista sanitario deve essere protetto, alla stregua di colui che evade il fisco e che attende la moratoria di analogo “scudo”.

Una norma che disciplini la responsabilità professionale sanitaria non dovrebbe invece mai essere posta, secondo noi, quale protezione del professionista sanitario da attacchi da parte del paziente, ma come disciplina di un sistema che contemperi tutti i diritti e gli interessi coinvolti.

Al di là della già evidenziata limitatezza dell’art. 3, la norma può e deve essere quindi assunta come spunto per affrontare la tematica della responsabilità professionale sanitaria in modo più ampio e organico, guardando anche al contenzioso giudiziario che seguirà alla pandemia da Sars-Cov-2.

Ci riferiamo non solo alle cause che verranno intentate contro i professionisti sanitari e le aziende per i pazienti deceduti a causa del Sars-Cov-2 ma anche a quelle – sia civili che penali – che potranno essere intentate dai pazienti che, pur non avendo contratto il virus, abbiano subito dei danni a causa dei ritardi nei trattamenti sanitari da inizio 2020.

Anche se finora il problema non è stato (forse appositamente) affrontato come meriterebbe, sappiamo che tutti i casi dei pazienti rimasti in lista d’attesa, non ricoverati e non operati, nei prossimi dieci anni potranno costituire oggetto di contenziosi giudiziari, numericamente addirittura più rilevanti di quelli da infezione da Sars-Cov-2.

Il comparto sanità rischia di essere sommerso da uno tsunami di contenziosi e non pensiamo, scrivendo ciò, di essere né pessimisti né allarmisti.

Si tratta solo di guardare la situazione per come è realmente: già prima della pandemia era critica, nei prossimi anni diverrà insostenibile.

La domanda che ci si deve porre è, quindi, come poter affrontare e cercare di risolvere non solo la situazione attuale, ma anche e soprattutto quella futura.

Abbiamo già affermato, scritto e ribadito (per primi, quando il testo della futura legge era ancora un Disegno di Legge in discussione tra Camera e Senato) come la Legge 24/2017 (la oramai celebre Legge Gelli-Bianco) fosse inadeguata a risolvere il problema del contenzioso sanitario, non creasse un sistema equilibrato di contemperamento delle esigenze di tutela di tutte le parti coinvolte (paziente, professionista sanitario, azienda e assicurazione) e non risolvesse (anzi..) il problema assicurativo.

Non ci siamo però limitati a rilevare i limiti e le carenze del sistema.

 

Abbiamo già evidenziato a diversi rappresentanti politici, sia nazionali che in Regione Veneto, che la soluzione del contenzioso sanitario deve necessariamente passare tramite una vera e seria riforma normativa che ridisegni la responsabilità professionale sanitaria garantendo non solo il giusto risarcimento al paziente danneggiato, ma anche la serenità del professionista sanitario.

Abbiamo quindi proposto, e sosteniamo ancora, la creazione di un sistema “alla francese”, in cui venga adottata una (vera e utile) fase stragiudiziale gestita da commissioni regionali che abbiano la finalità di risarcire, a fronte di una prima verifica medico-legale, i pazienti che ne abbiano diritto in tempi brevi (pochi mesi anziché i diversi anni di un procedimento giudiziario) e sulla base di parametri predeterminati (e calmierati) normativamente.

Un sistema in cui, invece di creare poco utili e ambigui “scudi penali” per i professionisti sanitari, si disincentivi il ricorso al procedimento penale, ad esempio mediante l’introduzione della sospensione del procedimento civile – e quindi del risarcimento – per tutta la durata del processo penale stesso.

Forse i tempi sono ora maturi per affrontare seriamente la questione della responsabilità professionale sanitaria in maniera efficace e soprattutto onesta.

 

Massimiliano Zaramella

Presidente Obiettivo Ippocrate

 

Alessia Gongati

Legale Obiettivo Ippocrate 

 
Obiettivo Ippocrate - Codice Fiscale 95128730249 -
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