Ddl Gelli. Tutela assicurativa professionale per l’esercente la professione sanitaria alla stregua di una RCA?
Illustre Presidente, Illustri Onorevoli Senatori,
in questi giorni di febbricitante attività in preparazione al prossimo referendum, Vi chiedo di trovare nel vostro cuore e nella vostra mente uno spazio luminoso per vedere con occhi puri quello che potrebbe accadere al diritto alle migliori cure possibili che riguarda ciascuno di noi e quindi di voi, come malato, futuro malato, famigliare di un malato. Il Ddl Gelli necessità di modifiche che riportino al centro della Vostra attenzione quello stesso cittadino a cui in questi giorni chiedete un voto e che non può accordare la propria fiducia a chi non considera sacro il diritto che venga fatto per ciascuno di noi, nel momento del bisogno, della malattia, tutto quanto sia possibile in qualsiasi situazione per quanto sia difficile e complessa. In questo momento di lucida visione potrete comprendere quanto vado a scriverVi:
L’art. 12, comma 3 del DDL 2224 prevede che: “L’impresa di assicurazione ha diritto di rivalsa verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o di ridurre la propria prestazione”.
Detta norma, se confermata nel testo definitivamente approvato dalle Camere, consentirebbe pertanto all’assicurazione, dopo aver risarcito il danneggiato, di rivalersi nei confronti del proprio assicurato, l’esercente la professione sanitaria in fattispecie, in riferimento alla condotta dell’assicurato, senza essere definita né codificata dalla disposizione di legge.
Parificando, almeno sotto il profilo che qui interessa, la disciplina dell’assicurazione per responsabilità medica a quella dell’RCA e differenziandola, invece, da tutte le altre forme assicurative professionali.
Le norme del codice civile (quali contenute ad esempio negli articoli 2900, 2055, 1218, 1219 e 1916 c.c.) disciplinano difatti le diverse fattispecie in cui alla compagnia di assicurazione, che abbia risarcito il danno, viene attribuito il diritto di esercitare la surrogazione, ovvero il regresso nei confronti dei soli “soggetti terzi” (quali, ad esempio, i soggetti corresponsabili e coobbligati al risarcimento) al fine di recuperare, integralmente o parzialmente, quanto versato al danneggiato per conto del proprio assicurato.
L’unica disposizione normativa che attualmente riconosce e disciplina il diritto dell’assicurazione di rivalersi nei confronti del proprio assicurato è invece contenuta nell’art. 144, comma 2 del D.Lgs. 209/2005 – Codice delle Assicurazioni Private – ed attinente alla sola polizza RCA.
L’art. 144 comma 2 della Legge – in un testo del tutto identico a quello oggi riportato all’art. 12 del DDL Gelli prevede difatti che: “per l’intero massimale di polizza l’impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato eccezioni derivanti dal contratto, né clausole che prevedano l’eventuale contributo dell’assicurato al risarcimento del danno. L’impresa di assicurazione ha tuttavia diritto di rivalsa verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione”.
La norma contenuta nel predetto art. 144 vede però la propria ratio e il proprio fondamento nelle peculiarità dell’RCA rispetto ad ogni altra forma di copertura assicurativa, ovvero nell’obbligatorietà a contrarre che vincola le assicurazioni nell’RCA, unitamente all’obbligatorietà per legge (art. 18 del regolamento di cui alla Legge 990/69 richiamato nello stesso art. 144, comma 2) a “non opporre eccezioni al danneggiato”.
Appare pertanto di tutta evidenza come mutuare pedissequamente detta norma nell’art. 12 del DDL Gelli, risulti quantomeno inopportuno, e non solo sotto il profilo strettamente giuridico, per le seguenti ragioni.
Innanzitutto in quanto la disciplina della responsabilità medica non è in alcun modo sussumibile nella disciplina dell’RCA. Nessun obbligo a contrarre è ad esempio posto a carico delle compagnie di assicurazione dal DDL Gelli e, ai sensi dell’art. 12, comma 2 del DDL, la compagnia di assicurazione può liberamente proporre eccezioni al danneggiato derivanti dal contratto e definite nei requisiti minimi di cui all’art. 10, comma 6 del medesimo DDL.
Anzi, nessuna norma di legge prevede analogo diritto di “rivalsa” da parte delle assicurazioni nei confronti dei propri assicurati né per tutte le altre forme di responsabilità professionale né in relazione ad ogni altra tipologia di risarcimento del danno. Nulla viene inoltre specificato in seno all’art. 12 del DDL Gelli in merito a quali siano le fattispecie cui l’espressione “avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione” si riferisca.
In merito alla medesima formulazione contenuta nello stesso all’art. 144, comma 2 del Codice delle Assicurazioni la rivalsa dell’assicurazione viene riferita ad alcune condotte da parte dell’assicurato, le cui fattispecie più comuni sono date dalla guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti o psicofarmaci, dalla patente scaduta, revocata o sospesa o non del tipo richiesto per il veicolo che si sta guidando ovvero dalla violazione delle norme di carico del veicolo.
A questo punto sorgono le domande più importanti che ci poniamo e che prevaricano ogni considerazione giuridica sulla legittimità e fondatezza della riforma che si vorrebbe attuare, ovvero sulle ragioni che hanno portato il nostro legislatore a ridisegnare la disciplina dell’assicurazione per responsabilità medica, in modo del tutto peculiare rispetto ad ogni altra assicurazione per responsabilità professionale.
Cosa accadrà in materia di responsabilità medica? A quali condotte dell’esercente la professione sanitaria si riferirà il diritto di rivalsa da parte dell’assicurazione?
Di certo la formulazione ampia e generica dell’art. 12 comma 3 lascia lo spazio ad ogni diversa interpretazione ed apre la porta ad un crescendo di contenziosi che coinvolgeranno il singolo esercente la professione sanitaria e la propria compagnia di assicurazione.
In assenza di risposte normative e nell’attesa di ricevere interpretazioni da parte della giurisprudenza riteniamo che l’immediato risultato pratico dell’art. 12 comma 3 del DDL Gelli sarà quello di sottrarre al singolo medico la scelta terapeutica e di costringere i professionisti e le aziende alla medicina difensiva ovvero astensionista, rifiutando o ridimensionando il trattamento sanitario nei casi più complessi, per evitare di subire la rivalsa da parte della propria assicurazione, ovvero di inibire il trattamento terapeutico e chirurgico soprattutto nelle situazioni di maggiore criticità e complessità, negando al paziente il proprio diritto alla cura.
Del resto il professionista, nel sistema così delineato, non solo sarà chiamato a rispondere del proprio operato nei confronti del paziente, ma anche nei confronti della propria assicurazione e, in quest’ultimo caso, senza conoscere nemmeno con quali limiti e in quali fattispecie. Problema che non può trovare adeguata soluzione nella previsione di un’ulteriore copertura assicurativa (prevista all’art. 10, comma 3 del DDL Gelli) e di cui l’esercente dovrebbe farsi carico (un’assicurazione a copertura di un’altra assicurazione!), il tutto senza, ovviamente, che le compagnie di assicurazione siano a loro volta soggette ad un obbligo a contrarre.
Una sconfitta – su cui sollecitiamo ancora una volta il nostro legislatore a ragionare – non solo per gli esercenti la professione sanitaria, ma per tutti noi, potenziali pazienti lasciati senza le cure necessarie, in questo panorama difficilmente garantibili.
Massimiliano Zaramella
Presidente Obiettivo Ippocrate