Se la vita si allunga e la Sanità si restringe – 11.10.2016

Se la vita si allunga e la Sanità si restringe – 11.10.2016

In Italia, come in tutti i Paesi Occidentali, la vita media, pur con una leggera flessione nel 2015, è notevolmente cresciuta. Merito di abitudini alimentari migliori, di una maggiore prevenzione, di un Sistema sanitario che, bene o male, funzionava, della sempre minore incidenza di lavori usuranti e di altri fattori che hanno reso migliore la qualità della vita. Questo è il bicchiere mezzo pieno. Ma, anche a volere vedere la realtà con gli occhiali rosa e lasciarsi andare al più confortante degli ottimismi, non si può non riconoscere che il bicchiere è mezzo vuoto e che in Italia la situazione della Sanità è in costante peggioramento. Persino il presidente Luca Zaia, che non perde occasione per esaltare la Sanità regionale – anche quando la classifica del Ministero in base ai LEA la retrocede dal 5° al 7° posto -deve ammettere che “per la prima volta nella storia d’Italia nel 2015 è scesa l’aspettativa di vita della persone” e ne indica il motivo nei tagli “che si sono susseguiti e che ancora ci attendono nel futuro e che ci hanno portato verso quel 6,5% del Pil dedicato alla Sanità che l’OMS indica come soglia sotto la quale inizia a calare l’aspettativa di vita della gente”. Purtroppo sono sempre più numerosi gli indicatori che danno ragione a Zaia: nell’ultimo Rapporto Eurostat sui posti letto negli ospedali, l’Italia è nettamente sotto la media europea (350 contro 526) e secondo l’Euro Health Consumer Index 2015 nella graduatoria della qualità dei servizi il nostro Paese retrocede dal 21° al 37° posto. Gli allarmi sullo stato di Salute della Sanità arrivano da ogni parte ma chi ci governa fa orecchie da mercante. Evidentemente troppo presi dal reperire qualche elemosina da distribuire a pioggia per andare a caccia di consensi che tutte le proiezioni indicano in calo, a Roma insistono nel tagliare due miliardi alla Sanità, e senza pudore finanziano i nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) con 800 milioni, quando servirebbero 3 miliardi. I soldi che mancano dovranno essere reperiti, secondo il Governo, estendendo i ticket, riducendo i centri di spesa e le gare d’acquisto e spingendo al massimo gli obiettivi di appropriatezza. Certo è che se per l’”appropriatezza” si limitano le ricette sui farmaci e il numero di esami prescrivibili, le spese calano ma a pagare sono i pazienti, sempre più costretti a ricorrere al proprio portafoglio e alla sanità privata. I pazienti che possono permetterselo, ovviamente. E gli altri? Aumenta il numero di italiani che rinunciano alle cure, che rinviano esami anche necessari, che non portano i figli dal pediatra, che rinviano le cure dentarie. Una situazione che ha fatto dire a qualcuno che in Italia stiamo assistendo al “funerale della sanità pubblica”. Nel nostro Paese, più che in altre realtà europee, aumenta la diseguaglianza economica e i più ricchi hanno accesso alle migliori opportunità sanitarie. Compito di un corretto Sistema sanitario sarebbe di eliminare il più possibile queste disuguaglianze ma non è così,anzi la situazione va sempre più peggiorando. Si fa tanto parlare di “sostenibilità della spesa sanitaria pubblica” ma se le cose non miglioreranno in fretta ci si dovrà preoccupare della “sostenibilità della spesa privata”.  A Roma lo sanno, tant’è che si parla di incrementare le mutue professionali e le assicurazioni, ovviamente a spese dei cittadini. Di questo passo si rischia di arrivare a un’assistenza sanitaria su tre direttrici: i LEA e il welfare pubblico per i povericristi, i disoccupati e i pensionati,  le mutue private per chi ha il posto fisso e le assicurazioni per i più fortunati che possono permetterselo.  Un panorama di questo tipo si potrà ancora definire Sistema Sanitario Nazionale?

Il timore di denunce “frena” i chirurghi

Dopo la “medicina difensiva” ora si parla apertamente anche di “chirurgia astensiva”. E’ l’allarme lanciato dal presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani, Diego Piazza, che spiega come le sempre più numerose denunce di pazienti a caccia di risarcimenti spingono il 30 per cento dei chirurghi italiani alla rinuncia a effettuare interventi rischiosi. “In Italia c’è stata negli ultimi anni una vera e propria esplosione del contenzioso medico-legale che ha determinato un considerevole aumento dei premi assicurativi. La situazione, sempre più difficile da gestire, sta causando una vistosa crisi della vocazione chirurgica tra gli studenti”. Piazza ha anche lanciato un allarme preoccupante ponendo sotto accusa la qualità scadente della strumentazione a disposizione dei chirurghi, a causa delle gare d’acquisto dei dispositivi medici fatte al ribasso. “La conseguenza è che ci si ritrova a operare con strumenti di bassa qualità ma la responsabilità finale è sempre e solo del chirurgo”. La denuncia è stata fatta pervenire al ministro Lorenzin, che vuole accorpare le gare d’acquisto a livello nazionale, che ha risposto in perfetto politichese dichiarandosi “d’accordo sul confronto con le società scientifiche sulla definizione delle centrali uniche d’acquisto, nel rispetto della trasparenza”.

L’Acoi ne ha preso atto ma ha sottoposto la questione anche al presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone. Non si sa mai!

 
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